Quando il vento artico spazza la tundra e il termometro sfiora i meno 50, accanto al brodo di renna i Nenet bevono il vino.
Il loro cibo (crudo o bollito che sia) si sposa perfettamente.
I Nenet sono scampati al colonialismo, alla rivoluzione russa e allo stalinismo che li aveva costretti a vivere in kolkov e a pagare pesanti tasse in carne di renna. Hanno anche resistito allo sfruttamento sovietico di gas e petrolio. Forse dovranno misurarsi adesso con il peggior nemico di sempre, il surriscaldamento climatico e un mega progetto di estrazione di idrocarburi. Nel frattempo, duemila chilometri a nord-est di Mosca, il distretto strappa il primato del consumo di vino nella Federazione. Secondo l’analisi del Centro studi del mercato federale dell’alcol, è in questo territorio che si beve di più. Lo studio, infatti, confronta tutti i dati di consumo pro-capite di vino nel mese di gennaio su tutto il territorio della Federazione a , a sorpresa, assegna il primato russo agli abitanti di questo distretto con un consumo pro-capite di 0,65 litri di vino.
Le grandi città vengono dopo: il secondo posto è occupato da San Pietroburgo con un consumo pro-capite di 0,5 litri e, a seguire, Mosca, con 0,4 litri (ma Mosca condivide il terzo posto con la Carelia, situata tra il Mar Bianco e la Finlandia, e la confinante regione di Murmansk: anch’esse a quota 0,4 litri).
La media nazionale pro- capite registrata nel mese di gennaio è di 0,2 litri per abitante.
Nessuna sorpresa per i dati da fondo-classifica: i consumi più bassi sono concentrati nelle repubbliche del Caucaso settentrionale: Cecenia, Daghestan, Cabardino-Balcaria, Inguscezia e Ossezia settentrionale, contrassegnate dalla storica cultura islamica; qui, nel primo mese 2019, solo 20 millilitri pro capite.
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